A un mese dal Med Exhibit Print di Napoli: ha ancora senso, oggi, una fiera di settore?

Hai bisogno di un paio di scarpe nuove? Nessun problema, puoi comprarle su internet. Vuoi una tv più grande? Bene, cerca su Google il modello giusto, mettila nel carrello, inserisci i dati della tua carta di credito, ed è tua. Ti meriti un divano un po’ più comodo? Tira fuori il tuo telefono, trova un sito che ti ispiri, scegli il tessuto, la forma, il colore, e compralo.

Senza chiamare in causa scenari distopici da serie Netflix, con le macchine al governo e gli uomini al guinzaglio, e senza scomodare Bauman, Godin o chissà quale altro grande pensatore e analista contemporaneo, possiamo semplicemente – e serenamente – dire che nell’anno di grazia 2025 ogni cosa è ormai a portata di click. Finanche una seduta con uno psicologo o il consulto di un avvocato, ecco, possono ormai fare a meno della dimensione fisica e risolversi completamente nel mero scambio di dati tra due congegni informatici.

Partendo da questo presupposto, dunque, ha davvero ancora senso, oggi, un dispositivo sociale e culturale – prima ancora che commerciale – come una fiera?

Per costruire una risposta adeguata, bisognerebbe risalire alle Esposizioni Universali di inizio Novecento, al ruolo che questi grandi eventi hanno avuto nel consolidare le fondamenta del sistema capitalistico, alla meraviglia dei visitatori che si faceva veicolo dell’ideologia della merce.

Il visitatore delle grandi esposizioni universali si trovava ad esistere in uno spazio senza dimensione e senza tempo. Fisicamente trasportato da giardini esotici a fantasmagoriche apparizioni luminose, dalle immagini del passato a quelle del futuro e dalle suggestioni fisiche alle sollecitazioni del sentimento, percepiva una sola realtà tangibile intorno e dentro di sé: la meraviglia assoluta di quello spettacolo. Esso gli appariva come ciò che si vuole essere, ciò in cui tutti trovano la felicità, ciò stesso per cui la società vive e progredisce. [Alberto Abruzzese, Forme estetiche e società di massa. Arte e pubblico nell’età del capitalismo]

Tuttavia, oggi che il capitalismo ha vinto e stravinto, oggi che la merce è – in un modo o nell’altro – l’unico racconto del nostro tempo, oggi che non c’è fantasmagoria che possa ormai meravigliarci, oggi che fluttuiamo distratti in una continua esposizione virtuale di novità e innovazioni, quale funzione può avere una fiera?

Mmh, tante parole, e siamo ancora – e di nuovo – al punto di partenza. Torna, dunque, la domanda. A cui però questa volta ci prendiamo la briga di dare una risposta. Una risposta nostra, che incrocia i nostri valori con le aspettative che riponiamo in quella che tra un mese esatto (ossia dal 4 al 6 aprile) sarà la nostra fiera, ossia il Med Exhibit Print di Napoli.

Punto numero uno. Organizzare oggi una fiera dedicata alla stampa è un atto di grande coraggio.

Organizzarla a Napoli, città meravigliosamente complessa, lo è ancor di più. Bisogna saper dialogare con le istituzioni, bisogna sapersi prendere il proprio spazio, bisogna saper costruire un rapporto di fiducia con aziende abituate a guardarsi in cagnesco, a vivere sul chi va là, a subire gli effetti di un mercato nervoso, in un clima generale troppo spesso compromesso da chi gioca – il gioco del commercio – in maniera poco chiara e corretta. E bisogna saper accettare, dal punto di vista imprenditoriale, una quota di rischio piuttosto alta. Più che coraggio, forse, si tratta di sana follia. E a nostro avviso operazioni simili vanno sempre sostenute: novantanove volte su cento, è da questi presupposti che nascono le cose più interessanti.

Punto numero due. Una stretta di mano, per noi, vale cento lead generati da una campagna Meta o Google.

O quasi. Certo, una parte di quei lead potrebbero convertirsi in vendite, ed è di vendite che vive un’azienda. Ma è vero pure che continuiamo a credere che un cliente debba avere un volto, uno sguardo, una voce, un modo tutto suo di porti richieste assurde, di chiamarti la domenica mattina perché una testina non vuole allinearsi, e un modo tutto suo di ringraziarti perché con la stampante che gli hai venduto – dopo ore, giorni, mesi di confronto – è riuscito finalmente a trasformare in realtà il progetto di business che aveva in testa. A farla breve: ogni cliente deve avere la possibilità di essere e mostrarsi semplicemente umano. Sul nostro sito web non c’è la sezione e-commerce. E non è un caso, ovviamente. Puoi vedere tutte le nostre macchine, puoi studiarti le loro caratteristiche, puoi consultare schede e dati tecnici. Ma non puoi aggiungerle al carrello e comprarle. È una scelta, un posizionamento, è il nostro modo – come azienda – di vedere il mondo e di voler stare al mondo. Forse un modo superato, inattuale, fuori moda. Ma tant’è: al posto dell’e-commerce, abbiamo uno showroom, un posto fisico (con tanto di angolo bar) dove possiamo accoglierti, dove possiamo conoscerci, dove possiamo testare insieme i nostri prodotti. È questa, per noi, la via che conduce alla nascita di un rapporto vero e solido. Ed è questo che cerchiamo da una fiera, l’occasione di conoscerci, di parlarci, di guardarci negli occhi. E di stringerci la mano.

Punto numero tre. Una fiera è l'appuntamento con la nostra parte migliore.

È come un saggio di fine anno, il giorno della discussione della tesi di laurea, un piccolo giudizio universale: una grande occasione per mettersi in ordine per presentarsi al massimo delle proprie possibilità. Dopo mesi e mesi di lavoro, di gestione delle urgenze, di corse sfrenate contro il tempo, con la fiera arriva il momento di fermarsi e di fare il punto sul proprio business, di rivalutare le proprie scelte per valorizzare gli elementi, i prodotti e i servizi che – potenzialmente – possono fare la differenza. Di giorno in giorno, man mano che si avvicina l’appuntamento, si affievolisce il rumore di fondo della quotidianità, e cresce l’attesa di qualcosa di straordinario, cresce la consapevolezza del proprio valore, cresce l’urgenza di non tradire tutto ciò che siamo stati capaci di costruire. Si entra in uno spazio altro, in una dimensione temporale diversa, in cui il lavoro di ogni singolo giorno si trasforma in un racconto, in una narrazione che parla di impegno, dedizione e passione. L’azienda si fa brand, vero, tangibile, reale, ed è un processo di forte impatto: una sensazione che vale la pena provare, un’esperienza che merita assolutamente di essere vissuta.

Punto numero quattro. Guardare negli occhi i propri competitor significa avere l'opportunità di continuare a crescere.

In un’epoca in cui tutto è filtrato dal digitale, il confronto diretto con le altre aziende rappresenta un banco di prova insostituibile. Cadono finalmente tutte le barriere, quelle dello schermo, quelle della distanza, quelle della comfort zone in cui è così semplice rannicchiarsi e nascondersi. E tutto diventa diretto, immediato, completamente a portata di mano. È qui che si capisce davvero chi siamo, è nel momento in cui osserviamo come si muovono gli altri che diventa improvvisamente chiara la direzione – quella giusta – da dare alla nostra impresa, al nostro lavoro, alla nostra missione. Per raccogliere l’esempio di chi è stato capace di fare meglio di noi. O per prendere le distanze da chi – per ciò che fa, e per come lo fa – proprio non ci convince. La dialettica dello spirito si fa finalmente materia, e genera la scintilla che ci rimette in discussione, riattivando quel meraviglioso processo che conduce all’innovazione. Non si tratta di essere migliori di qualcuno, si tratta di essere migliori di ciò che siamo stati finora.

Ci fermiamo qui, anche se a questi quattro punti avremmo potuto aggiungerne almeno altrettanti. Ma abbiamo dato a questa rubrica un compito importante, quello di farsi luogo di confronto e di scambio per chi, come noi, attraversa e vive il mondo – tanto affascinante quanto complesso – della stampa e della tecnologia. Ed è per questo che cediamo a voi altri la parola, curiosi di conoscere il vostro punto di vista.

E dunque, a dirla in maniera breve ed esplicita: cari amici, cari colleghi, cari competitor, quali sono le ragioni per cui avete deciso di partecipare o di non partecipare al Med Exhibit Print di Napoli?